Giorgio De Chirico, L'oracolo, 1910.
Nella mia comprensione del mondo non esiste affatto il fisico come tale, senza la penetrazione con l’energia spirituale e occulta. E sono dell’avviso che non il magico deve essere spiegato da cause fisiche, ma il contrario; ciò che ai profani appare come fisico dev’essere spiegato attraverso forze magiche.
Pavel Florenskij
Estratto
Il valore intrinseco di queste ancestrali e misteriose immagini, la cui origine si perde nella notte dei tempi, rimanda al concetto di archetipo[1]. Gli arcani maggiori, come anche quelli minori, possono essere considerati archetipi a pieno titolo in quanto essi non solo rappresentano simbolicamente dei modelli universali dell’essere ma di fatto agiscono anche come tali e ciò li proietta dall’ambito meramente antropologico-filosofico a quello magico tout court.
Se per Platone le Idee (le idee archetipiche) risiedevano nell’Iperuranio e lì rimanevano nella loro posizione di modelli ideali a cui anelare, per Jung gli archetipi sono «modelli funzionali innati costituenti nel loro insieme la natura umana»[2]. La definizione junghiana è stringente e l’aggettivo usato non lascia spazio ad equivoci: «funzionali», essi cioè agiscono. Questi modelli ideali che si avvalgono di un’operatività tutta loro, costituiscono la natura umana, la costituiscono e operano in essa. Va da sé che nel milieu delle pratiche magiche essi assumono un ruolo considerevole: studiare i tarocchi significa studiare la natura umana, ad un livello trascendente quello della ragione calcolante. Ad un livello trascendente.
Esistono sostanzialmente tre modelli di indagine del reale: quello religioso, quello meccanicista e quello esoterico. Il primo non può considerarsi un vero e proprio modello di indagine poiché basato essenzialmente su di un atto di fede il quale in quanto tale non può indagare, può solo far (ciecamente) credere. Per tale motivo si autoesclude a priori. Il secondo modello è basato su di un presupposto che considera esclusivamente e tassativamente i rapporti tra gli effetti e le cause, e interpreta questi ultimi come l’alfa e l’omega dell’intero scibile umano, gli antipodi su cui tutta la saggezza e la scienza dell’umanità può dipanarsi. Infine, il modello «esoterico» che invece trascende totalmente questo rapporto non ritenendolo esclusivo ai fini della comprensione dei significati intrinseci ai fenomeni. Questi ultimi due modelli sono antitetici e per avvicinarsi al mondo dei Tarocchi è indispensabile rifiutare nettamente il secondo e affinare sempre più il terzo, affinare in quanto non siamo abituati ad usarlo, siamo letteralmente cresciuti nel secondo (con massicce influenze del primo), tutto il nostro sistema di istruzione è basato su di esso e in generale il mondo stesso in cui viviamo è interamente organizzato su di esso.
Se lo studio del pensiero filosofico o scientifico non presuppone l’utilizzo di un metodo «esoterico» (trascendente l’attendibilità della consequenzialità del principio di causa e effetto), lo studio degli archetipi lo richiede irrinunciabilmente.
Per «metodo esoterico» si intende un procedimento che innanzitutto escluda il modello meccanicista di comprensione del reale, in secondo luogo tale metodo presuppone di «convincere la mente» ad accettare procedimenti di comprensione definibili come «assurdi» che sfidano gli stessi limiti spazio-temporali.
Leggere noi stessi attraverso semplici «carte»: tutto ciò è assurdo per il modello meccanicista, quello instauratosi da Galileo in poi, ma solo un comportamento assurdo e di fatto folle, per lo meno in confronto a cotale normalità, permette di usare appieno questo meraviglioso strumento, patrimonio dell’umanità, che sono i Tarocchi.
Avvicinarsi ad essi dunque è possibile solo cercando di sperimentare… abbandonando i processi razionali a cui siamo ormai istintivamente legati: «Fare della propria vita un esperimento, questo divenne in seguito la mia filosofia», le sagge parole di Nietzsche servano da monito per addentrarsi in questo mondo affascinante e fiabesco.
Anche il paradigma meccanicista richiede la validità dell’esperimento e di fatto si basa tutto essenzialmente sul valore intrinseco della riprova pratica. Dalla modernità in poi infatti, con la rivoluzione scientifica, si è cominciato a leggere il mondo solo tramite la validità degli esperimenti, in questo modo ci si è potuti, in parte, slegare dall’autorità della Chiesa la quale invece volle ingiustamente condannare proprio Galileo (e il nuovo paradigma scientifico che egli incarnava). Il mondo dell’occulto richiede un passo ulteriore: andare oltre anche quel paradigma lì, quello dello scientismo, del positivismo e del meccanicismo, in nome del progresso.
Anche in questo caso si deve avere il coraggio di superare un’autorità molto potente e stavolta per lo meno convalidata dai fatti e non dalle credenze – e qui sta la difficoltà maggiore. Quell’autorità però, purtroppo, non riesce a spiegare tutti i fenomeni del reale e ritiene che tutto ciò che non è da essa comprensibile, semplicemente non esiste o fa parte della superstizione. Ridurre la magia, nel senso colto e rinascimentale del termine, a superstizione, è un errore che uno spirito davvero «progressista», non può commettere.
L’invito che i Tarocchi presentano è proprio quello di sperimentare. Abbandonare per un attimo (o far finta di abbandonare, per «ingannare la mente»), la cieca fiducia nella religione o nello scientismo e stare a guardare, testimoniando l’accadere. Ma l’accadere non accade solo nel mondo esteriore ma anche in quello interiore e questa è una delle varianti non considerate dagli altri due paradigmi. La scoperta dell’indissolubile legame tra mondo esterno e mondo interno – e qui torniamo a Jung e alla sua teoria dell’inconscio collettivo – sarà la novità fondamentale, meravigliosa e rivoluzionaria, che costituirà la sostanza di quel passo avanti che migliora un modello di comprensione della realtà letta nella sua interezza, noi inclusi.
E noi siamo i protagonisti di questa realtà: non siamo più vittime con la coscienza sporca in balia dei castighi del Signore (Cattolicesimo), nemmeno siamo più meri osservatori esterni, freddi e inermi, costretti nella razionalità di un esperimento che indaga solo il visibile a noi esterno, cioè separato (Scientismo). Ora, grazie a questo nuovo paradigma[3], non siamo più solo creature, ma siamo anche creatori. Creatori del nostro destino. Proprio come auspicavano i filosofi rinascimentali per i quali non c’era vera e propria distinzione tra magia e sapere (scientifico o filosofico): essi ragionavano in termini onnicomprensivi, pitturavano un mondo che non escludeva i suoi elementi ma li armonizzava proprio nell’atto del conoscere. Pico della Mirandola e Giordano Bruno non esitavano a definire l’uomo una creatura straordinaria, felice, divina, libera ma libera grazie al sapere. E’ grazie alla conoscenza che l’uomo è divino, libero e felice - pensiamo solo alla celebre Oratio de hominis dignitate di Pico[4] - felice di essere non solo se stesso ma il mondo circostante allo stesso tempo, Dio stesso allo stesso tempo e nello stesso spazio, uno spazio-tempo infinito, come infinite sono le sue possibilità.
I Tarocchi avvicinano a tutto questo, non servono «per leggere il futuro», servono per scoprire chi siamo veramente, dove siamo veramente e dove stiamo andando.
In una realtà non più separata, non ha più senso parlare di passato, presente e futuro: essi non esistono più. Nella nuova prospettiva liberata si spalanca il reale per quello che è: un infinito campo di possibilità da noi stessi avvolto.
Le immagini, che possiedono un potere evocativo più potente rispetto alla parola, risuonano nella nostra psiche e riescono a raccontarci tutto questo percorso riecheggiando nel nostro inconscio in un tutt’uno armonioso nel quale a poco a poco riusciamo finalmente a comprendere, rimembrando Marcello Salustri, che «tre sono i temi ricorrenti nell’Opera: la via, il viandante, il viaggio. Invero i tre sono uno perché non esiste via senza viandante, né viandante senza viaggio, né viaggio senza via. Così il cerchio si chiude, ed i tre si ricompongono nell’unità».
[1] Anche Jodorowsky insiste su questo: «Ho capito che ciascun Arcano, avendo caratteristiche diverse dagli altri, agiva sull’inconscio come un archetipo». A. JODOROWSKY, Castelli di carte, Feltrinelli, Milano 2007, p. 80.
[2] C. G. JUNG, Simboli della trasformazione in Opere vol.V, Bollati Boringhieri, Torino 1970, p. 76.
[3] Si esclude in questa sede il «modello religioso», il secondo modello usato nella storia del pensiero, in quanto non ritenuto modello di indagine del reale, un modello basato essenzialmente su di un atto di fede non può indagare, può solo ciecamente credere. Per tale motivo si autoesclude a priori da un approccio alla cui base risiede una volontà di comprensione.
[4] Il Discorso sulla dignità dell'uomo (Oratio de hominis dignitate) scritta nel 1486, è composta da 900 tesi volte a dimostrare la potenza dell’intelletto umano che lo pone al centro dell'Universo, alla stregua di un Dio creatore.
In copertina: Il Bagatto,
Tarocchi Visconti-Sforza.
Nel testo vengono usate le immagini dei Tarocchi di Edward Waite
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