Andrea Scanzi, NON ti vengo a cercare:

l’insulto a Battiato.

Lucio Giuliodori

Lucio Giuliodori

Manlio Sgalambro che ovviamente la rock star qui sopra non avrà mai letto, nel bellissimo Del pensare breve, così sentenzia: "Un'opera filosofica deve rimanere un'enigma per il volgo ed esserre come una musica da camera per l'iniziato".

Facile capire qui chi sia l'iniziato e chi il volgare, ma andiamo con ordine.


Il 17 marzo 2022 sono stato gentilmente invitato al teatro Lyrick di Assisi, allo spettacolo di… Andrea Scanzi dal titolo “E ti vengo a cercare”.

Mai avrei immaginato...

In una lunghissima e noiosissima ora e mezzo di monologo, “la rock star del giornalismo nostrano”, è riuscita a non dire praticamente nulla in più di ciò che tutti già sanno del Maestro, provando semplicemente a sintetizzare la parabola artistica e “umana” di Battiato inerpicandosi dialetticamente sui livelli di Miss Italia e la pace nel mondo, soprattutto quando tentava di affrontare i temi filosofico-spirituali, che emergono in quasi tutti i brani tra l’altro.

Ciò che ha colpito dunque, innanzitutto è stato il linguaggio, di una semplicità e un’approssimazione disarmante, citando a vanvera termini quali meditazione, introspezione ecc. A questo si aggiungevano i ripetuti errori di pronuncia dei titoli delle canzoni in inglese: allucinante.

Ma senza dilungarsi troppo, schematizzo semplicemente i momenti più imbarazzanti, confessando che dopo l’ultimo mi sarei voluto alzare e andare via ma per educazione verso chi mi aveva invitato, ovviamente non l’ho fatto.

Veniamo ai diversi colpi al cuore dunque:

1) “Non l’ha fatto con cattiveria”, con questa frase, la rock star del giornalismo ha tentato di edulcorare il veleno della Murgia nell’intento di giustificarne la schifosissima e celebre zampata nel suo orripilante video Youtube. A questo link una mia riflessione specifica al riguardo.


2) Ma andiamo avanti. Scanzi è riuscito a definire L’Egitto prima delle sabbie "un album minore ed ininfluente" quando invece se Battiato si fosse per assurdo fermato lì sarebbe comunque entrato nei cult della storia musicale.

Il Maestro stesso afferma: «Questo periodo, di cui fa parte L’Egitto prima delle sabbie, è quello che considero il più alto della mia produzione». (F. BATTIATO, Tecnica mista su tappeto, Conversazioni autobiografiche con Franco Pulcini, EDT, Torino 1992., p. 26). Ma Scanzi purtroppo, che ne sa? L’avrà mai ascoltato Battiato? 


3) Veniamo a un punto veramente dolente, qui davvero il suo monologo nato con l’intento di incensare il Maestro, a modo suo ovviamente, ha finito per produrre inconsapevolmente l’esatto opposto, quasi un insulto dunque. Sì perché per me è un insulto il non aver minimamente menzionato, in quasi due ore di monologo, il meraviglioso e importantissimo ventennio di collaborazione con Manlio Sgalambro. Nemmeno una parola su quella che è stata la più straordinaria alchimia della musica italiana, nemmeno un singolo accenno su questo splendido pensatore che ha scritto i testi di alcuni tra i brani più belli - La cura per citare il più celebre.


4) Chiudiamo infine stendendo un velo pietoso nel raccontare il momento nel quale, se non fossi stato invitato, mi sarei alzato, schifato.

Scanzi è riuscito a definire “brutto, bruttissimo” quello che è invece probabilmente proprio l’album più bello di Battiato, sicuramente il più filosofico, il più denso concettualmente, ossia L’ombrello e la macchina da cucire, il primo con Sgalambro, un album di una potenza e di un’eleganza devastante sia sul piano musicale che su quello della poesia e della filo-sofia,  basti pensare con quale raffinatezza è stato affrontato il tema del suicidio o dell’esistenza di Dio nei relativi brani, solo per menzionare due tra gli innumerevoli esempi. Ma Scanzi che ne sa? Per ascoltare quell’album è necessaria una certa sensibilità in assenza della quale forse è meglio rimanere a Otto e mezzo a sbrodolare propaganda "progressista".

La mossa di Scanzi in sostanza risulta perfino peggiore di quella della Murgia, lei infatti ha semplicemente sfoggiato la sua pochezza, la sua bestialità ma soprattutto la sua distanza siderale dal Maestro sul piano ontologico; lui al contrario ha voluto convincere tutti della sua improbabile vicinanza, contraddetta però dalle perle di cui sopra.
Sono convinto che con Battiato vivo, a Scanzi l'idea di ostentare tale "vicinanza", tale sì profondissima affinità elettiva, non sarebbe minimamente saltata in mente.


Viene più di un sospetto in conclusione, che in questa morte, nella sacralità di questa morte, Scanzi abbia colto  più che altro un'opportunità sul piano pubblicitario, dimostrando come proprio della morte (oltre che della vita), secondo la concezione proposta dal Maestro attraverso la sua opera, Scanzi abbia capito davvero ben poco.