Lucio Giuliodori

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Ma cosa hanno mai fatto i ragazzi, gli adolescenti, i giovanetti e i giovanotti che dai sei fino ai dieci, ai quindici, ai venti, ai ventiquattro anni chiudete tante ore del giorno nelle vostre bianche galere per far patire il loro corpo e magagnare il loro cervello? (...) Con quali traditori pretesti vi permettete di scemare il loro piacere e la loro libertà nell'età più bella della vita e di compromettere per sempre la freschezza e la sanità della loro intelligenza?

Giovani Papini, Chiudiamo le scuole.









Questo breve romanzo narra la storia di Godo D'Arpeggi, un giovane ed eccentrico pittore di talento che vive in una prigione, quella della sua scuola: il Liceo Artistico. Lo sterile e asfissiante moralismo dei suoi professori non gli perdona l'originalità che rompe gli schemi, di certo fragorosamente ma che è simbolo di una quintessenza artistica che rimanda alla purezza, che vive e pulsa dentro. Tale purezza straborda fuori vulcanicamente risultando estrema, intollerabile, ineluttabilmente incompresa e condannabile. 
Godo deve combattere contro chi crede di insegnare e di educare ma invece opprime, violenta e ferisce quasi mortalmente quell’anima nobile che ribolle dentro. Un’anima forte però, che alla fine vince, in virtù di una superiorità congenita, troppo lontana per distanza qualitativa…. «Se esiste solo un soffio, di una qualche piccola verità, esso esiste nell’Arte e lì vibra, a una velocità superiore, che solo l’artista scopre stupefatto nella sua ripida sensibilità – un Regno il cui respiro è composto di pura vertigine». 

Possiamo perdonare un bambino che ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della luce. 


Platone 

In copertina: Renata Palubinskas, Green hills.

E chi non ha ali non deve mettersi al di sopra degli abissi.


Friedrich Nietzsche

Il protagonista è una sorta di buco nero, di singolarità che con la sua attrazione guida e determina l' "evoluzione" di chi gli sta intorno e come un buco nero spaventa e affascina per il suo essere "incompreso".


Daniele Maiarelli





Ero curiosa di scoprire chi o cosa fosse Godo d'Arpeggi... Inizio a sfogliare il libro e man mano mi si apre un mondo: un mondo fatto di immagini da leggere, da osservare, da capire, da immaginare... Ogni pagina racchiude una visione, un quadro, un'Arte che Godo/Lucio comunica con maestria: è un mondo che (non) ci appartiene e proprio per questo non puoi non esserne rapito.

Valeria Rustici

 

I libri di Lucio dissetano il mio essere, aprono il mio spirito ma allo stesso tempo accrescono la mia inquietudine...
Vorrei tanto avere  un amico come Godo... anche se in realtà credo un po' di averlo già trovato... è Lucio!


Flora Secchia

 

In ritorno da Barcellona, un volo di un'ora e quaranta minuti e un libro tra le mani: poche ma intense pagine piene di sentimento. Godo D'Arpeggi mi ha fatto compagnia e mi ha insegnato più di quanto pensassi.

Annalisa Ambrosi

 

Tutto parte da ex ducere, anche io ne sono fermamente convinta, ci ho ritrovato idee montessoriane, steineriane, gardneriane e la bella psicomagia di Jodorowsky. (Suor Complessa è fantastica!)


Arianna Biagino

 

L'autore si prende gioco delle convenzioni, giudizi e condanne con velenoso sarcasmo; un inno alla libertà e alla tolleranza, a tratti terribilmente divertente. Bellissimo!


Silvio Sivolella

 

In questo percorso del protagonista troviamo l’influenza degli studi filosofici dell’autore, ma Giuliodori, che è anche educatore, in Godo d’Arpeggi specifica ciò che l’educazione dovrebbe creare: aiutare il genio a liberarsi attraverso le forme artistiche che predilige così da porsi al di sopra della convenzionalità. Quest'ultima invece – dominante poiché fa leva sulle paure e le incertezze dell’umanità – trasforma spesso il superiore in folle e lo intende emarginare.

Diego Mencaroni

 

“Godo d’ Arpeggi”… appena letto il titolo e neanche sfogliata la copertina che siamo già immersi in lussureggianti abissi noumenali: un mondo iperuranico fatto di personaggi astuti e inquieti che si destreggiano nelle dense trame del racconto.

Ma il racconto verrà dopo, va bene… ci arriveremo… sarà come al solito del nostro affezionatissimo Giuliodori, un tuffo co(s)mico nelle profondità dell’ inconscio più selvaggio e indomito, ma il titolo… “Godo d’ Arpeggi”… come un’ incantesimo che ti ipnotizza e ti obbliga alla trascendenza…  Mi sono smarrito fra le parole di quest’ enigma: un fascino inspiegabile mi ha rapito dalla realtà e poi, leggendo il testo, mi ha gettato nel mondo onirico dell’arte, dal quale solo a stento, ne sono uscito (forse).

Ma quale demone dionisiaco ha condotto la mano del nostro autore verso tali mondi di confine…


Cristiano Drago

 

Godo è un instancabile operaio dell’anima. Un solerte manovale intento a costruire quella che diverrà una cattedrale interiore e per farlo utilizza gli strumenti dell’artista. Non è semplicemente un anticonvenzionale con una personalità borderline, come sembrano pensare gli altri personaggi che abitano con lui le pagine di questo testo. Più che altro Godo è un esteta.

Gli abiti preconfezionati per le personalità e le anime che si trova nella grande distribuzione culturale del nostro tempo gli vanno stretti. Abiti dismessi, collezioni sempre uguali, ma pronte all’uso direttamente sugli scaffali della modernità. Basta allungare una mano per indossare un ruolo, un modo di essere, per divenire presidi, suore, filosofi e perfino educatori. La pigrizia e la comodità impediscono di trovare, ma soprattutto di provare abiti più comodi, fatti su misura per il proprio sé.

Godo d’Arpeggi non sa o non vuole accontentarsi, incapace di indossare sempre gli stessi panni, ogni giorno deve cambiare il proprio costume per esplorare le diversità dell’essere e le mille sfumature dell’anima.


Michele Buratti

 

Come opera giovanile, propedeutica a opere che la maturità artistica dell’autore produrrà, è concesso leggere sprazzi disparati e non a senso unico di riflessioni interiori. Si va dalla critica filosofica, storica, etica fino a quella pedagogica. La pittura fa da sfondo con un’ottima penetrazione dell’esigenza di fare arte. Aggettivi abbondanti ma necessari. Citazioni anch’esse necessarie per “indurre” il lettore a nuovi autori. Paesaggi dal tormento interiore drammatico poiché la natura non è soltanto ciò che è percepito dall’occhio umano, ma anche quello dell’animo e della sensibilità interiore. 


Salvatore Biagino